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Poesia gluten free

«I dolci non devono avere un senso, per questo sono dolci».

Chissà cosa penserebbe Charlie Bucket a proposito della poesia? Anche questa può come la cioccolata non avere un senso e al contempo mandare in estasi i nostri di sensi?

Quasi sempre la poesia viene collocata in “alto” e come tutte le cose poste negli scaffali in alto per il suo recupero non sempre basta elevarsi sulle punte. Treccani.it definisce per estensione poesia il carattere di qualsiasi composizione o opera anche non verbale, in quanto raggiunge un valore “alto” in opposizione a prodotti correnti “bassi”. Ecco che la poesia sembra apparire come un prodotto “non per tutti” ma questo cliché la rende inadatta alle politiche commerciali odierne o al contrario più accattivante e seducente?


«La mia vanità era solleticata dalla sua attenzione»

Scrive Simonetta Agnello Hornby in uno dei suoi micromondi ed è forse proprio la vanità dei nostri micromondi che rende la poesia un prodotto in divulgazione ancora poco localizzabile ma degno della nostra attenzione. Certo è che trattandosi di un prodotto (dal greco ποιέω: fare, produrre) nessuno può esserne completamente indifferente. Probabilmente perché sta un po’ ovunque, avvolgendo i più volti di quella disarmonia di cui siamo alla ricerca. Ed eccola far capolino nella pittura come nella scultura, ma anche in cinema, musica, teatro, moda, architettura, cucina, danza e probabilmente in ogni forma di creazione umana che ad essa viene, con similitudini più o meno eufemistiche, paragonata. Perché oggi è dal collisivo che siamo più attratti. Sono le irruzioni anacronistiche che colpendoci ci “elevano”. Ed è forse anche per questo che ventenni nostalgici di anni 80 mai vissuti ascoltano De André e Daddy Yankee e Mahmood in loop avvolgono gli anta, fenomeno questo che per altro appartiene a ogni generazione che si rispetti.


Cos’è davvero poetico oggi e come sentirsi certi di produrre poesia o esserne fruitori? Probabilmente si tratta di una domanda insolubile che trova le sue ragioni in un mondo socialmente mediato dalla prepotenza dell’immagine in cui però impetuoso permane il bisogno di poesia. Di quella vibrante sensazione di conforto e sconforto allo stesso tempo. Di immaginazione e autentica realtà.


Quindi non importa se la sua rilevanza tende a mimetizzarsi al momento, come sottoscritto da Franco Loi, «l’importanza della poesia nel mondo contemporaneo è inversamente proporzionale alla sua scarsa udienza presso le masse e alla violenza che va dilagando». Permeabile considerazione questa che rende la poesia attualità e non mero vaneggiamento tra un gruppo di letterati all’ora del tè. È vero, spesso è a polverosi tomi che la nostra mente ricondurrebbe la parola Poesia.



Una freccia autogenerata da Google la collegherebbe senz’altro alla parola libro e di certo Novak, inventore delle mappe concettuali, non gliene farebbe una colpa. Le poesie stanno senz’altro nei libri per quasi fisiologica predilezione ma non sempre o quantomeno non soltanto. Le pagine dei libri non sempre infatti riescono a contenere “cieli immensi” o per meglio dire la poesia che i libri provano a contenere finisce per straripare allagando inevitabilmente la vita di chi la legge e che da questa quindi finisce per essere posseduto.


«La poesia educa il cuore, la poesia fa la vita, riempie magari certe brutte lacune, alle volte anche la fame, la sete, il sonno».

Dice Alda Merini. Forse quindi può anche concedersi il lusso di non avere apparentemente un senso, una collocazione, un seguito ampio questa fantomatica poesia, quando il suo fine è altro o meglio dire “alto”. Senz’altro si concilia con il boccheggiato bisogno di esprimersi.


Un bisogno “condiviso” questo nell’era dei 140 caratteri (ormai raddoppiati a 280) in cui si palesa l’esigenza di comunicare ma in modo immediato e conciso. E a questo proposito quale miglior strumento può esserci se non la poesia? È pur vero che molti sono i componimenti in versi contenuti in massicci volumi, ma ciononostante, qualora la lettura integrale di ‘una divina commedia’ risultasse un po’ troppo impegnativa, una sua somministrazione in pillola non tradirebbe certo quella brevitas cui si tende preferenzialmente.


Interessante è poi come con sempre maggiore frequenza giovani e giovanissimi sembrino avvicinarsi in un certo qual modo alla poesia, condividendo sui social versi di poesie e\o di testi musicali. La maggior parte delle volte a far da corredo alle foto sono frasi ‘scopiazzate’ da pseudoblog più o meno intenzionalmente realizzate con questi scopi. Le didascalie contengono di rado il nome dell’autore e ancor più raramente chi le digita o legge ha interesse a scoprirlo. Ciononostante queste tracce manifestano un contatto con ciò che è poesia nel suo senso più stretto. Non sempre dunque frasi in rima e sonetti. Nonostante la loro accattivante sonorità «le poesie non devono sempre fare rima» come dice l’esotico Sam ascoltando le parole pronunciate da Suzy in Moonrise Kingdom.


Alimentare poi la nostra mente mediata con un prodotto poetico a volte può persino educare al peso delle parole, alla loro carica comunicativa ed emotiva. Un toccasana dunque, quasi paragonabile all’aloe vera. E anche se tra i banchi della Coop si sente dire che la papaya sia un ottimo rimedio alla stanchezza, non si dovrebbero tralasciare le proprietà altrettanto antiossidanti della poesia.


«Ogni poesia è poesia d’occasione»

Scrive Goethe, l’occasione per una lettura che sa rivelarsi sempre del tutto personale, poiché personale potrà esserne l’analisi del contenuto e lo stato emotivo che questa potrà suscitare. L’occasione per prendere tempo e consolarsi o per scoprire aspetti divertenti del quotidiano a cui non si aveva pensato. E perché no, anche l’occasione per fare una rivoluzione. Come ribadito da un attualissimo Cosimo Damiano Damato, poeta\narratore\drammaturgo\regista, «non c’è nulla di più rivoluzionario della poesia e non c’è nulla di più poetico della rivoluzione».


Che sia stata questa l’intenzione di Joe Biden nel suo solcare le porte della Casa Bianca? Inaugurare in versi la propria presidenza lasciando che fosse l’autentica voce della loro stessa compositrice a pronunciarli. È infatti nella sua The hill we climb che la poetessa ventiduenne Amanda Gorman, ricalcando il sogno americano, celebra la speranza di trovare la luce in «this neverending shades». Scelta senz’altro originale quella del presidente che sembra confermare quanto sia “di tendenza” l’arte del far poesia.

La poetessa Amanda Gorman

Ecco che forse è proprio da Luce che accende la mia notte. Le poesie del Che e altri scritti che si potrebbero invitare a partire i nuovi lettori stagisti. Libro curato proprio dal sopra citato Damiano Damato disposto, come prima di lui De André, a «qualsiasi infedeltà per la bellezza». In quest’opera, pur preservando l’intuizione poetica del suo autore, viene restituito un “Che” del tutto inedito che vale la pena conoscere, anche forse per riscoprire la privata e intima rivoluzione del Che sotto una lente più che mai realistica e umana. Le occasioni per leggere poesia di certo non mancano dunque e talvolta una di queste potrebbe addirittura coincidere con la stessa occasione per vivere.


«Leggete per vivere»

Esortava Flaubert. Un vivere, quello della poesia, che permette di trasgredire qualsivoglia coprifuoco a tutti, abili lettori come lettori inesperti che dal fluire delle parole potranno lasciarsi irretire gradualmente assecondando le proprie esigenze espressive. A tal proposito altra suggestione alla quale non rinunciare è senz’altro quella fatta di “ombre e ciclamini” di Alda Merini e allo stesso modo quella fatta di coppe da cui “bere la gioia” di Pablo Neruda. E per chi volesse lasciarsi trasportare dal veliero di un “O capitano! Mio capitano!” dalla lunga barba bianca, ecco che Walt Whitman con la sua Foglie d’erba potrebbe essere il timoniere giusto. Classici della poesia quest’ultimi ai quali i più arditi potranno aggiungere la variopinta scia di poeti dialettali che da Pier Paolo Pasolini a Nino De Vita incorniciano e definiscono ciò che è poesia.


Un prodotto buono per tutti, gluten free e senza lattosio, da scremare, diluire, integrare, estrapolare. Un viaggio senz’altro da iniziare questo, in cui, Manganelli insegna, «si rischia di arrivare».


A cura di Giorgia Maria Falzone

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