Maria Paula Figueiro Rego: un nome che in Italia è quasi sconosciuto. La presentiamo qui come Paula Rego, non solo in veste di pittrice, ma anche come donna che ha lottato e continua a lottare per i diritti reali delle donne, secondo un fare arte che va sotto il neologismo “artivismo”.
Nata a Lisbona nel 1935, Paula Rego è una delle poche donne affermate nella pittura contemporanea. Il suo stile, da lei stessa definito “bel grottesco”, sfiora la linea sottile tra il surreale e il realistico. Le sue storie dipinte raccontano la privazione della libertà e le dinamiche di potere, la cui protagonista prediletta è la figura femminile, perennemente bloccata tra l’essere meretrice e l’essere vittima. Le donne di Paula Rego non sono mai vittime, ma sono detentrici della forza e del coraggio che provengono dalla liberazione dallo stereotipo della bellezza femminile eterea. Nelle opere di Rego le dolci curve, i colori tenui e la leggerezza del corpo aggraziato della donna sono spazzati via da una pennellata pungente, e i colori caldi infondono vita nei corpi massicci che si stagliano con tutta la pesantezza della forza gravitazionale. Si tratta di donne riprese dalla realtà e interpretate dalla visione estetica della pittrice portoghese, la quale le proietta in una dimensione parallela, quella dell’arte, fatta di scenari dal grande impatto visivo, concettuali, simbolici e artificiosi.
La storia di Paula Rego e della sua arte è legata fortemente alla storia degli eventi contemporanei. “Libertà” e “parità” definiscono l’obiettivo delle sue opere, modellate dalla sua sensibilità e animate dalla volontà rivoluzionaria di gridare per dare a tutti la voce e il diritto di essere umani. Allo sguardo dell’artista non sfuggono le ingiustizie e attraverso l’arte assume una posizione netta, quella di chi non ha paura di dire e stare dalla parte del cambiamento. Un cambiamento che inizia dalla sua vita personale.
Segnata dalle scelte di vita del padre (un antifascista convinto, che per sfuggire alla guerra si trasferisce in Gran Bretagna nel 1936), Paula Rego inizia a costruire un pensiero sovversivo rispetto all’archetipo femminile e al ruolo della donna nella società, pensiero che maturerà insieme all’artista e al contesto storico intorno a lei.
Nel 1951 Paula raggiunge il padre in Gran Bretagna, ed è lì che frequenta le prime scuole d’arte: la The Grove School e poi la Chelsea of School Art, nelle quali però non terminerà il ciclo di studi. Alla Grove il suo potenziale artistico non era in linea con la didattica proposta, mentre alla Chelsea avvenne un fatto che colpì profondamente l’artista. Il legale di famiglia, David Phillips, sconsigliò di far frequentare alla ragazza quell’istituto perché aveva sentito dire che una giovane donna era rimasta incinta mentre era studentessa lì. Da quel punto in poi, l’artista trasformerà questo evento in una serie di lavori che pongono al centro dell’attenzione la tematica del diritto all’aborto. La formazione artistica della Rego avviene per lo più tra il 1952 e il 1956 alla Slade School, dove inizia il suo successo personale e professionale che poi diverrà inarrestabile. Paula Rego è la prima artist-in-residence alla National Gallery di Londra, fa parte della Royal Academy of Art ed è Dama Comandante dell’Ordine dell’Impero Britannico. A oggi, vive e lavora a Londra, alla veneranda età di 87 anni.
I soggetti di Paula Rego sono irrealmente realistici, con forte ispirazione a una “concretezza onirica”: si tratta di un’altra realtà, solo che l’urlo di denuncia è per quella che appartiene a noi. I personaggi che popolano i suoi scenari sono colmi di “difetti” fisici, come un corpo sproporzionato, gli animali antropomorfi o persino zombificati, e così via. Le deformità non vengono nascoste, ma invece messe in risalto, esasperate come per superare la realtà.
Dall’immagine di un corpo che scivola languido giù dalla poltrona, con indosso un vestito fiabesco risuona un certo allarme la società che chiede -o forse pretende?- alla donna di essere “la più bella del reame”. La Snow White di Paula Rego è una Biancaneve che si rifà alla versione disneyana solo per alcuni tratti semantici. Il riconoscimento del personaggio di Biancaneve è immediato, ciò che disturba la visione è lo stato d’animo del soggetto ritratto. Se fragilità e timidezza sono ciò che associamo all’icona fiabesca della fanciulla bianca come la neve, la morte e il dolore sono invece le emozioni che travolgono la Snow White di Paula Rego in linea con la storia originale. Infatti, i fratelli Grimm non scrissero di certo un finale da “e vissero felici e contenti”: l’avventura di Biancaneve finisce con la morte irrimediabile della fanciulla. Nel dipinto di Rego, l’immagine della giovane ragazza che si pone la mano destra sul cuore e con la sinistra a reggere la gonna che le sta cadendo non ha nulla di sognante. Il messaggio, piuttosto, sembrerebbe una richiesta d’aiuto. Se invece ci concentriamo sull’espressione del suo viso, con gli occhi chiusi e la bocca sbarrata, la nostra percezione potrebbe essere stravolta: forse, questa posa così scomoda è il forte mutuarsi in Biancaneve del coraggio e della consapevolezza della sua stessa storia.
Le donne di Paula Rego non sono mai vittime, e ciò vale anche nella sua Abortion Series (1999), una serie di pastelli e incisioni in cui l’artista raffigura la cosidetta “soluzione di ripiego”, ovvero i metodi illegali di aborto, a cui può essere spinta una donna privata dalla scelta. L’interruzione della gravidanza (IVG) è una tematica che chiama in causa diverse opinioni, pensieri e realtà e affrontare questo tema attraverso l’arte può offrire nuovi punti di vista e un nuovi modi di raccontare l’esperienza, al fine di scuotere le menti e le coscienze.
In questa serie di opere i soggetti sono lasciati privi di identità ed è il contesto a venire esaltato, portando alla luce certe azioni che esistono e che l’occhio ipocrita e perbenista della società vuole rifuggire. Tutto ciò che deve rimanere in incognito, Paula Rego lo mostra e lo espone, lo esibisce al pubblico di quella stessa società per abbattere il tabù che crea un ingiusto muro di vergogna e indignazione. Parole come dolore, tortura, dignità e forza sono l’espressione del potere evocativo delle opere d Paula Rego dedicate alla sua personale campagna pro-aborto. Infatti, Abortion Series è stata realizzata con l’obiettivo di contribuire alla depenalizzazione dell’IVG, sulla scia del fallito referendum portoghese del 1998. Solo nel 2007, dopo un nuovo referendum, il Portogallo riconosce il diritto all’aborto. Ma la battaglia non termina qui.
Paula Rego ripropone la sua serie nel 2019, in occasione dei nuovi provvedimenti legislativi che da qualche anno sono stati approvati dai conservatori in diversi stati del Nord America. “Sembra impossibile che queste battaglie debbano essere combattute di nuovo. È grottesco” è il lapidario commento dell’artista, fortemente amareggiata.
La storia parallela di Paula Rego artista contemporanea e Paula Rego attivista sociale traccia una linea tra presente, passato e futuro, perché ci ricorda che le battaglie non sono mai del tutto vinte e che la lotta non è finita, c’è ancora tanto per cui combattere. In un mondo “evoluto”, quotidianamente impegnato a educare i brutti comportamenti, non è accettabile rimanere ignari o indifferenti a delle ingiustizie solo perché magari, al momento, non ci riguardano. Per questo suo impegno che è diventato una filosofia di vita, Paula Rego può essere considerata un’artivista delle donne. Una donna che nonostante sia prossima ai novant’anni ha una visione molto aperta e molto avanti della realtà e non si pone limiti nel raffigurarla con il sogno di cambiarla.
È difficile dire conclusa un’antologia di Paula Rego, data l’enorme vastità di opere che affrontano tante tematiche e tanti contesti sociali, i quali sembrano annullarsi nel suo immaginario surreale per poi inaspettatamente connettersi al presente attuale. È questo che rende grande e importante il suo lavoro.
Un’opera forte come War (2003), nonostante risalga a 19 anni fa, purtroppo racconta una situazione che non ha una fine, ma tanti nuovi inizi, come recentemente in est Europa. In War Paula Rego condensa tutti i suoi sentimenti contro la guerra in Iraq e sulle devastanti conseguenze sulle donne e sui bambini del paese. Una visione carnosa e complessa, in cui il grottesco sfocia quasi nell’innocenza, per rappresentare, semmai fosse possibile, gli orrori della guerra. La scena perseguita lo spettatore e lo sconvolge, lasciandolo solo alla sua interpretazione, con più domande che risposte. Perché ancora questo orrore? Cosa non si è imparato dal passato? La guerra non porta solo morte? Chi resta a piangere le vittime?
Rego ha detto di War : “Pensavo di realizzare un'immagine di questi bambini che si fanno male, ma li ho trasformati in teste di coniglio, come maschere. È stato difficile invece farlo con gli uomini; non è affatto lo stesso tipo di sensazione. Sembrava più realistico trasformarli in creature”.
La sensibilità artistica di Paula Rego da una parte, lascia turbato l’osservatore mentre dall’altra, offre un po’ di speranza. Se una persona riesce a interpretare e vivere la realtà così cruda, restituendola in una versione ancora più grottesca, si può solo immaginare quanta consapevolezza un’opera d’arte possa infondere; quanto poetica risiede dietro l’immagine e dentro un essere umano.
Scuotere le menti e i cuori è compito dell’artista. Capire e fare è compito delle persone.
Alla donna,
all’artista,
all’attivista,
alla persona,
alla sensibilità,
a tutti i diritti,
si dedica la speranza per una giusta realtà.
A cura di Doriana Bruccoleri e Nathalie Rallo
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