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Immagine del redattoreAntonio Russello

NEFOLOGIA: la scienza che studia le nuvole

Sarà successo a tutti, almeno una volta nella vita, di fermarsi per un certo lasso di tempo ad osservare il cielo. Sdraiati, magari, su un prato o sulla spiaggia, abbiamo ammirato la vastità della volta celeste e contemplato minuziosamente le nuvole, a cui tutti abbiamo attribuito delle forme di oggetti, animali o persone, dando libero sfogo alla più grande fantasia e creatività. Trascorrere del tempo a tu per tu con la bellezza mutevole del cielo fa, indubbiamente, bene all’anima. Insomma chi l’ha detto che una volta cresciuti non si debba più stare con la testa fra le nuvole?


“Cosa c’è di più bello di un cielo azzurro? Un cielo pieno di nuvole” scrive Gavin Pretor-Pinney nel suo libro Cloudspotting – Una guida per contemplatori di nuvole.

Sì perché le nuvole, effimere e mutevoli, possono anche risultare teatrali ed estremamente suggestive. E pensare che, tutto sommato, non sono altro che goccioline d’acqua sospese in aria… goccioline che, in base alla quota e al tipo di addensamento, danno luogo a delle nubi con denominazioni e caratteristiche molto differenti.

Bisogna sapere che c’è chi questo lo fa per mestiere, classificando le nuvole una ad una e dando loro un’identità con tanto di descrizione accurata. Stiamo parlando della nefologia, una branca della meteorologia che studia le nuvole, dal greco nephos che significa appunto nube, nuvola. Chi si dedica a questa singolare disciplina (il “nefologo”, definito anche con il termine inglese cloudspotter, osservatore di nuvole) deve possedere, oltre a una discreta conoscenza delle dinamiche atmosferiche, una pazienza non comune e un ottimo spirito di osservazione. La classificazione delle nubi segue uno schema simile a quello degli organismi viventi, basato su aspetto e altitudine. Si contano 10 gruppi principali (generi), che si suddividono in specie e varietà:


STRATUS (0-2000 metri), coltri di nubi basse e indistinte che possono presentarsi anche al livello del suolo sotto forma di nebbie o foschie, sono generalmente associate a condizioni di tempo stabile.




CUMULUS (da 500 metri, altezza della base variabile), il genere più conosciuto, a forma di mucchio, cupola, torre o cavolfiore. Sono di colore bianco se esposti direttamente ai raggi del sole, se in ombra appaiono invece scuri e più minacciosi. I cumulus indicano in ogni caso una certa instabilità dell’aria.




STRATOCUMULUS (600-2000 metri), appaiono come banchi di cumuli appiattiti (talvolta allungati a forma di rullo) accostati l’uno all’altro in maniera più o meno discontinua. Possono anticipare o seguire una perturbazione, ma si formano anche in caso di sollevamento di nebbia o strati di nubi basse.



NIMBOSTRATUS (600-5500 metri), costituiti da banchi nuvolosi grigi, indistinti e molto spessi, forieri di precipitazioni abbondanti e persistenti (il termine nimbus, in latino, indica una nube piovosa), si accompagnano sempre a intense perturbazioni atmosferiche.





CUMULONIMBUS (600-12000 e fino a 15000 metri nelle aree equatoriali), nubi temporalesche dall’aspetto cumuliforme ma molto più sviluppate verticalmente, che causano rovesci e temporali localizzati nel tempo e nello spazio, ma talora molto intensi. Sono le nubi che più di ogni altro tipo indicano instabilità atmosferica e sono anche le più pericolose. A esse possono associarsi la shelf cloud (nube a mensola, formazione che precede le precipitazioni e che si forma per il sollevamento da parte delle stesse di una massa di aria calda e umida) e la temibile wall cloud, generata dai moti vorticosi instaurati dalle discendenze e dalle ascendenze nell’area sotto al cumulonembo non interessata da precipitazioni.


ALTOCUMULUS (2000-5500 metri), strati o banchi nuvolosi composti da singoli ammassi di varia forma, ognuno dotato di una parte più scura perché in ombra, appaiono di dimensioni minori rispetto agli stratocumuli per la loro maggiore altitudine.



ALTOSTRATUS (2000-8000 metri), nubi stratificate di colore grigio. Generalmente lasciano intuire la posizione del sole, che però non proietta ombre. Possono dare vita al fenomeno della corona solare o lunare e solitamente seguono i cirri e i cirrostrati all’arrivo di un fronte caldo.




CIRROSTRATUS (5000-9000 metri) veli di nubi alte e semitrasparenti, lisce o fibrose, con una trama diffusa e uniforme. Splendendo dietro a un cirrostrato il sole riesce a illuminare gli oggetti in modo sufficiente da proiettare ombre ben distinte. Annunciano spesso un cambiamento del tempo per l’arrivo di un fronte caldo e danno vita agli aloni (talvolta dotati di parti iridescenti) e ad altri fenomeni ottici come gli archi circumzenitali.

CIRROCUMULUS (5000-12000 metri), banchi di nubi dell’aspetto di piccoli granelli senza alcuna parte in ombra. Indicano una certa instabilità in quota e danno origine al classico “cielo a pecorelle”, che soprattutto sulle coste atlantiche preannuncia un forte peggioramento del tempo.





CIRRUS (5000-12000 e fino a 15000 metri nelle aree equatoriali), si presentano in scie, ciuffi o fasce biancastre. Si tratta di elementi separati tra loro, dall’aspetto serico (co me la seta) o fibroso; se tendono a crescere e diffondersi, trasformandosi in cirrostrati, è probabile un cambiamento delle condizioni meteorologiche.




Le nuvole, simboleggiando idealmente degli elementi in sempiterno mutamento ed estremamente eterei ed effimeri, hanno da sempre ispirato diversi artisti per le loro composizioni, in particolar modo i pittori. Il cielo ha, infatti, spesso rappresentato per la pittura un elemento scenografico estremamente importante, poiché dotato del grande potere di irradiare luce e di raggiungere ogni angolo del dipinto. Inoltre il cielo con le sue nubi gioca un ruolo centrale anche nel delineare le articolazioni del pensiero stesso di chi dipinge. Moltissimi artisti come John Constable, Joseph Mallord William Turner, Caspar David Friedrich, Gustave Courbet si sono cimentati all'interno delle loro opere nella raffigurazione delle nuvole, ma il primo fra tutti ad aver avuto tale audacia fu Andrea Mantegna. Il pittore veneto si incanta a rappresentare, all'interno della sua pittura, le illimitate forme che possono assumere le nuvole ed è, addirittura, capace di usare la loro soffice e flessibile sostanza per firmare i suoi capolavori. Proprio come un semplice osservatore, anche il pittore lascia che le inesauribili conformazioni delle nuvole stimolino la sua fantasia e curiosità: le nuvole che dipinse assumono spesso e volentieri delle forme apparentemente insolite come dei vaporosi cavalieri, volti paffuti e autoritratti.

San Sebastiano, realizzato tra il 1456 e il 1457. In alto a sinistra è possibile scorgere un cavaliere che emerge dalla nuvola. Si tratta di un accenno a un cavaliere dell’Apocalisse, come simbolo della peste contro cui San Sebastiano veniva implorato.


Il volto nascosto nel dipinto Minerva scaccia i Vizi dal giardino delle Virtù, 1502.

“Dopo aver fatto il cielo, Dio creò le piante e gli animali, guardando le nuvole.” (Igor Yuganov)

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