«La dissimulazione è la virtù dei re e delle cameriere.» (Voltaire)
Questa frase di un grande filosofo è una dura verità.
Le cameriere, coloro che vediamo girare per i tavoli sempre ben distinte magari anche truccate e sorridenti, sono costantemente pronte alla “dissimulazione onesta”. Semplice comprendere la definizione di dissimulazione, ovvero: comportamento, abituale o occasionale, diretto a celare il proprio pensiero o le proprie intenzioni o anche ad allontanare da sé ogni sospetto.
Che cos'è la “dissimulazione onesta”?
Torquato Accetto ne scrisse nel suo trattato del XVII sec. intitolato Della Dissimvlatione Honesta.
Il suo pensiero non espone un atteggiamento ipocrita, ma parla di una virtù per il saper vivere, qualcosa necessaria per lenire “il velo di tenebre” delle dinamiche terrene che vedono come protagonisti gli uomini e il rapporto tra benessere e salvaguardia del Sè e del Voi. Un concetto abbastanza complesso che forse non si accosterebbe al ruolo di un “porta piatti” (un termine, a mio parere, totalmente estraneo al senso civico e sociale) che voglio trattare in qualità di lavoratrice e persona appartenente a questa categoria.
Il ruolo del cameriere non viene definito mai come nobile, ma come una sotto categoria pagata a stenti. Si sente spesso confondere il suo ruolo come inserviente, servitore e porta piatti, definizioni che apparentemente lo collegano a uno status poco ambito dalla società.
Se fosse, invece, il cameriere un ruolo nobile?
Nel Medioevo il cameriere era una figura portante per le casate nobiliari e papali, il suo ruolo era suddiviso per le tre mansioni che ricopriva: al vertice il Coppiere, la figura fidata del Re, il cui compito principale era prendersi cura del sovrano assaggiando bevande e cibo onde evitare qualsiasi avvelenamento o intossicazione; altra figura importante era lo Scalco, colui che disossava le pietanze e garantiva che gli ospiti si sentissero liberi di degustare il piatto evitando incidenti; l’ultima e non per questo meno importante, la figura del Trinciante, colui che sporzionava il cibo e lo disponeva nel piatto per sincerarsi che ciascuno avesse la quantità giusta.
Il grado di nobiltà delle casate era tanto nobile quanto le figure che li servivano, con la giusta cura per i momenti più importanti della giornata, quelli in cui i doveri erano per un momento messi da parte e la mente poteva assaporare un pasto con tranquillità. La figura del cameriere era di vitale importanza per assicurare un benessere che giovava sia al superiore che agli ospiti, ma anche alla sua persona.
Dopo questa breve introduzione sulla reale importanza del cameriere, si può affrontare il discorso sulla dissimulazione onesta, una virtù specifica di questo ruolo.
Dietro la figura del cameriere c’è la persona che si rapporta al Voi salvaguardando il Sè, dato che prendersi cura dei propri clienti è la missione di ogni servizio. Il vero Io deve rapportarsi alle circostanze e alle persone delle più sporadiche nature (dal cliente gentile all’approfittatore di turno) senza tralasciare mai il suo ruolo nobile. In pratica il dissimulare è l’attività più utile per evitare dibattiti o spiacevoli disguidi che alludono alla propria persona o alla vita extra- lavorativa. Fra cameriere e cliente esiste una linea sottilissima le cui estremità non sono gestite da forze divine ma da fatti, dai momenti, dalle parole, dai gusti e dalle gesta.
Per garantire l'equilibrio a tutte queste dinamiche, il servizio deve essere gestito dalla persona in grado di avvalersi di un certo grado di dissimulazione onesta che non è una pratica fine a sé stessa, ma volta alla cura del benessere condiviso.
MASKual Harassment
Nonostante questa visione dalla portata storica e sociale non indifferente, si vede l'emergere del fenomeno del MASKual Harassment: un nuovo tipo di molestia che vede come vittima le cameriere - si sottolinea che anche per il sesso maschile non ci sono sconti in merito - che indossano la mascherina per lavorare e affrontare questa pandemia cautelando accuratamente gli altri e sé stessi.
L’allarme è stato lanciato dalle cameriere americane e dall’associazione One Fair Wage (una coalizione, compagnia e organizzazione che cerca di provvedere alle diseguaglianze di salari e mettere in pari i diritti dei lavoratori) che definisce la richiesta di clienti di «abbassare la mascherina per decidere se e quanto mancia lasciare» un’ingiustizia e una molestia “mascherata”. Non è un giro di parole, si tratta di un vero e proprio sopruso velato, dal quale non sfugge di certo neanche l'Italia.
Forse si pensa che, poiché sono soprattutto i salari americani quelli incentivati dalla mancia, in Italia i camerieri non hanno subito e non subiscono ingiustizie del genere durante questo periodo difficile, ma io vi assicuro che non è così. A parte tutte le disastrose conseguenze economiche dei ristoratori poco assistiti, o meglio, quasi del tutto messi da parte; quei pochi dipendenti rimasti a lavorare hanno lottato con le unghie e con i denti per affrontare l'enorme peso del cambiamento dovuto dall’emergenza.
Posso ben raccontare cosa comporta adesso essere un cameriere medio italiano - dato che ho coperto questo ruolo in tale periodo - innanzitutto spiegando tutte le nuove azioni che si sono dovute attuare per prendersi cura dei clienti.
Una giornata tipo iniziava col disinfettare tavoli e sedie con minuziosa attenzione, subito dopo disporli ad almeno un metro e mezzo di distanza fra un tavolo e un altro e poi apparecchiare. In questa fase non c’è nulla di particolarmente difficile, a parte giocare a Tetris per inserire il maggior numero di prenotazioni consentite dalle norme vigenti.
Nella seconda fase mi approcciavo al cliente dando il benvenuto e chiedendo cortesemente di indossare la mascherina. Questo punto trovava spesso disaccordi e occhiatacce nei miei confronti (anche se io mi ritrovavo a pensare che di certo la colpa non fosse mia se c'è un’emergenza e dobbiamo tutelarci) sorridevo con lo sguardo e li facevo accomodare.
L’interazione con i cliente diventava sempre più complessa durante il servizio e tra le richieste più stupide c'erano: “abbassa la mascherina che non ti sento” oppure “abbassa la mascherina che voglio vederti sorridere” e ancora “abbassa la mascherina così posso riconoscerti”. Tutto ciò accadeva spesso nel mezzo di un servizio lungo ed energico il livello di stress era a mille e dopotutto ho imparato a tenere testa alle richieste e tutelare -me e loro - cercando di deviare con delle battute, facendo presente che mi stessero chiamando a un altro tavolo o, quando alle volte tutto diventava quasi insostenibile, rimanevo in silenzio e mi giocavo la mancia.
La linea sottile accennata poc'anzi sembra essere stata oggettualizzata dalla mascherina, il mezzo per evitare il contagio che è anche lo stesso che attira un virus potentissimo (naturalmente non parliamo delle forme di Coronavirus), quello della noncuranza. In un rapporto a due dove cameriere e cliente tengono gli estremi della comunicazione, non può esistere un equilibro se, da un lato una delle due figure cerca di prendersi cura dell’altro e l'altra parte invece, molla la presa fregandosene altamente; entra in campo il fulcro del dialogo, il RISPETTO.
Il rispetto è una parola pregna di significato da considerare in questo discorso con il concetto di “astenersi da atti offensivi o lesivi”. Oltre che informarmi guardando i social e leggendo i giornali, ho domandato agli utenti che mi seguono cosa pensassero di questo nuovo tipo di molestia subita dai camerieri e le risposte sono state un po' troppo silenziose o troppo insorgenti. Addirittura, ho letto qualcosa del genere: "Nel 2022 chi nascerà con il pene dovrà chiedere il permesso per avvicinarsi a un essere femminile" (commento anonimo).
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L’ignoranza si debilita con la verità, ecco la definizione di molestia:
«Sensazione incresciosa di pena, di tormento, di incomodo, di disagio, di irritazione, provocata da persone o cose e in genere da tutto ciò che produce un turbamento del benessere fisico o della tranquillità spirituale [..]» (definizione Treccani)
Non mi pare siano citati organi genitali, identità o età.
L’astenersi da atti offensivi o lesivi pare essere una chiave vincente per non indurre a malesseri psicologici, rispettare l’altro è sicuramente prendersene cura, ed è anche la definizione sintetica dell’empatia.
Dalla mia esperienza da cameriera posso testimoniare che la mancanza di rispetto nei confronti di chi sta cercando di farti sentire a casa, in certi casi è davvero altissima. Gli “apprezzamenti” al fisico sembrano prendere il sopravvento alla professionalità dimostrata. Non scriverò esempi a riguardo perché preferisco continuare a portare una certa considerazione verso i clienti cari che comprendono il significato di umanità, gentilezza e rispetto.
Per concludere: scrivendo della comunicazione tra cameriere e cliente, in realtà, è implicito la necessità basilare del rispetto verso l'altro e verso sé stessi come la forza che anima una società equilibrata.
Una mancanza di questo tipo sarà sempre vertice e punto focale di ogni ingiustizia, della relativa azione e conseguenza. Una società sofferente di libertà non conquistate è un’anarchia scelta dall’individuo che sogna di acquisire poteri non terreni. Le norme non fanno l’uomo, ma la moralità fa parte della sua coscienza.
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