Lo scorso venerdì 5 novembre all'alba, Piazza Plebiscito a Napoli si è svegliata con un ospite. Un metro e sessantacinque di marmo bianco nel cuore della città; è un bambino grande e raggomitolato, legato ad una catena attaccata al suolo duro e pesante. Resterà lì, immobile, nudo e sofferente fino a gennaio. Il bambino si chiama ‘Look down', suo padre
è l'artista Jago, artista italiano di fama internazionale e imprenditore che si occupa principalmente di scultura e produzione video.
Il titolo originale del bambino era “Homeless”, senza tetto. Jago ha scolpito il marmo a New York durante la precedente pandemia; più di due mesi di lavoro per avere questo innocuo bambino. A New York, “i senzatetto sono tantissimi, ovunque”, racconta l’artista. “E nessuno ci fa più caso. Non li vedi più: perché, mi chiedevo. Perché sono vecchi, poveri, grigi. Perché non vediamo più il bambino. Se fossero centinaia di bambini
stesi a terra, soli, senza riparo, li vedremmo"
Poi il lavoro arriva a Napoli. Da un anno Jago ha stabilito il suo workshop ai Vergini, chiesa di Sant'Aspreno ai Crociferi, situata al Rione Sanità, un quartiere di Napoli, grazie alla Fondazione San Gennaro e al sostegno di Padre Antonio Loffredo. La sera prima, quando l'artista e i suoi amici parlavano del nuovo lock down, "a Jago è scoppiata la scintilla". Chiamare il bambino ‘Look down’, cioè “Guarda in basso” e metterlo al centro di una delle piazze più famose di Napoli è un atto pubblico e politico, nonostante il suo essere immobile.
Jago gioca con le parole; 'Look down' come ‘lock-down’, “è un invito a “guardare in basso” ai problemi che affliggono la società e alla paura di una situazione di povertà diffusa che si prospetta essere molto preoccupante, soprattutto per i più fragili”, dice Jago. "Andate a chiedere a tutti coloro che, in questo momento, sono rimasti incatenati nelle loro condizioni”.
© FOTO DI MASSIMILIANO RICCI
© FOTO DI MASSIMILIANO RICCI
Jago manipola il marmo e l'immagine del bambino cosi che sia lo spettatore a dare una propria interpretazione. "È importante che ognuno di noi sia libero di vedere e di dare un senso all'opera", dice l'artista in un'intervista con Giada Giorgi di Artribune parlando di un'altra opera mozzafiato 'Il figlio velato'. "Altrimenti dobbiamo limitarci ad alcune
spiegazioni, spiegazioni che sono profondamente limitate". Allo stesso modo, siamo liberi di vedere il bambino di ‘Look down’ attraverso varie lenti. Senza dubbio, la fonte di ispirazione è la situazione attuale nel mondo. Questo grande bambino bianco in marmo è
la metafora di ciò che sta accadendo in questo momento e ci ricorda di guardare in basso coloro che stanno soffrendo. La crisi sociale ed economica causata dal Covid-19 sta piegando e schiacciando la nostra società e le nostre famiglie. La scultura è la rappresentazione di una società che, come un bambino, non ha altro che incertezze, che non è altro che fragile, spaventata e vulnerabile. Con l'incessante diffusione del virus e la
necessaria chiusura di tante attività sociali ed economiche, guarda chi resta indietro. La scultura è rappresentativa della situazione di lock down internazionale. Esorta a guardare ai senzatetto, a tutte le persone in difficoltà; a guardarti, tu che in questo momento senti di essere incatenato nei muri di casa tua da tutte quelle restrizioni che ti limitano a fare le cose normali che facevi prima della pandemia. Il bambino di 'Look down' è, infatti, un rappresentante di tutte le persone che, a causa della pandemia, sono state private della possibilità di vivere una vita normale. Tuttavia, allo stesso tempo, quanti bambini sono stati privati della vita prima della pandemia? Succede in diverse parti del mondo, prima e durante la pandemia, e purtroppo continuerà a verificarsi. Così, il bambino vuole essere mezzo attraverso il quale tu ricordi la vasta quantità di bambini nati
senza nemmeno la possibilità di vivere una vita normale e dignitosa.
Come un cordone ombelicale, la catena tiene il bambino inchiodato a terra, alle sue fragili condizioni. Come un cordone ombelicale, la pesante catena mantiene in vita il bambino, lo aiuta a rimanere saldo a terra, a non disperare e ad avere speranza nonostante le attuali sofferenze. Allo stesso tempo, il cordone ombelicale del bambino appena nato, che collega il feto alla placenta, e serve per nutrire il bambino quando è nella ventre della madre, viene tagliato e le catene sociali diventano il suo nuovo cordone. Qual è il cordone ombelicale della società? Siamo esortati a riflettere sulla triste realtà in cui i bambini nascono con catene già esistenti che li legano a una società
malata, dominata dalla violenza, dall'indifferenza, dall'egoismo e dalla crisi economica.
Sofferenza e speranza sono le parole chiave di questa scultura.
This must be the place
‘Look down’ sembra sia stato fatto apposta per essere collocato in Piazza Plebiscito; è quasi una scultura site-specific. Ora che le istituzioni culturali sono chiuse, il modo migliore per raggiungere le persone è collocare l'opera in uno spazio pubblico. E’ infatti proprio al centro della piazza che il bambino si arricchisce di significati e interpretazioni. L’ arte ha sempre saputo rappresentare la realtà, essere mezzo per far riflettere l'umanità sulla realtà e per capire cosa la circonda. Ora che le ali dell'arte e della cultura sono bucate, ‘Look down' diventa il loro portavoce che non muore nonostante le chiusure e le sofferenze. Così, ‘Lock down’ si rende portavoce di una situazione distruttiva e complessa, difficile da sostenere e da spiegare. Così l’arte diventa lo specchio della società. A cura di Martina Lattuca.
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