El pibe de oro, “il ragazzo d’oro”
Nasce nelle zone malfamate e vicine alla criminalità, dove le case sono ristrette nella loro essenzialità; dove regna l’emarginazione, il disordine e l’abbandono totale nella strada di Azamor, in Argentina.
Maradona, da quelle strade, diventa la rivoluzione e la pietra miliare del calcio, un simbolo di identità e appartenenza al pathos che lo stesso gioco riesce ad effondere nella quotidianità.
E’ riuscito ad estirpare le sue emozioni da Villa Fiorito e a radicarle con le sue abilità verso gli stadi più importanti del mondo, rendendo il suo ruolo protagonista di un’intelligenza empatica fuori misura. L’accezione più importante rinveniva negli stadi quando si alteravano il regolare svolgimento di una partita, anche di un semplice allenamento, per poi dirigersi verso la sua figura: con lui prendeva forma l’adrenalina, la competizione ma la consapevolezza che non vi erano eguali dinanzi alla sua tecnica e abilità.
Riconoscergli ammirazione è sapere che ha permesso a sé stesso di personificare il calcio, coinvolgendolo come se fosse un solo ed unico segno distintivo. Nonostante le contraddizioni, gli eccessi, Maradona è il simbolo del temperamento vivace argentino misto alla passionalità di un’Italia e di una casa napoletana che scuoteva gli animi in tutto il mondo.
Fonte: ScrivoNapoli.it
La chiave di successo, probabilmente, non è focalizzata su un pallone o su una partita vinta ma è la tenacia, il talento valorizzato dallo spirito sconvolgente del modo di essere di Diego Armando. I luoghi in cui passava e abitava li trasformava in strade di stupore, un miraggio per tutti. Talvolta è l’intreccio di espressioni e di coinvolgimenti differenti: alcuni lo considerano il padre del calcio, altri ancora simbolo di quartieri, altri lo idolatrano come se fosse un Dio. Diventa una costante di sentimento profondo: quasi irragionevole, quasi incomprensibile.
Il tocco della “mano de Dios” sopperisce anche le critiche, le travolge, le soffoca per dare spazio a quella che non sappiamo più discernere: l’autenticità.
Fonte: Tuttocampo.it
Le piattaforme social sono diventati la voce dei populismi, attivando l’insistenza e la pressione per poter snaturare ciò che qualcuno ha rappresentato nel mondo. Chissà quali siano i meccanismi che danno fervore al moralismo sfrenato, al voler mettere in evidenza lati negativi della vita personale come se fossimo esseri immortali e ineccepibili distruggendo “l’idolo” perché fa paura, incute soggezione per quel che è irraggiungibile.
Un fenomeno di inconcludente giudizio suscita perplessità, diniego verso l’immagine di chi è elevato quasi a divinità ma è la bellezza, io lo chiamerei “l’incanto dell’imperfezione” di Maradona a convincerci che la vita è una conseguenza di tante scelte e condizioni ma è il coraggio di mostrarsi anche come tale, nella sua vulnerabilità.
C’è più natura nell’istrionica e folkloristica immagine di Maradona che ha lasciato le strade di Napoli esprimersi con esaltazione e con un manifesto di fanatismo buono che nelle nostre congetture tristi e annebbiate dal “sentimento del contrario” che Pirandello oserebbe esternare così.
Fonte: Corrierenazionale.it
Grazie per aver espresso il potere delle ambizioni, degli ideali non come chiave del successo ma come simbolo di unione comunitaria e di amore smisurato verso i sentimenti umani di motivazione, di stima, di acclamazione, non verso le cose ideali e dipendenti dalla logica comune.
Ma poi, cosa realmente sia giusto e vero non lo sappiamo: la nostra certezza è quella di innamorarci e far innamorare gli altri ogni giorno dei sogni così come ha fatto Maradona.
Il fascino dell’irrealizzabile che diventa possibile.
A cura di Danila Argirò.
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