Vita, morte e miracoli di Elda Pucci, la prima e unica sindaca di Palermo a cui non è intestata neanche una via nella città che ha difeso contro la mafia.
Preludio familiare
A metà degli anni ’60, una giovane coppia di sposi agrigentini arriva a Palermo. È primavera, c’è un clima mite e l’aria frizzante. I due purtroppo non sono lì per una gita di piacere, anzi, tutto il contrario. Si tratta di una coppia senza figli con lei incinta, per la quarta volta. Le tre gravidanze precedenti si sono purtroppo concluse in bambini nati e morti dopo il primo respiro. I medici dell’ospedale della provincia più a Sud d’Italia hanno fatto spallucce. Non può essere questione di sfortuna, c’è palesemente qualcosa che non và. Carichi di apprensione per il destino del loro prossimo nascituro, marito e moglie si recano a Palermo con un obiettivo ben preciso: affidarsi alla dottoressa Elda Pucci, la cui fama di pediatra riecheggia a livello regionale. Al momento del parto , però, sorgono dei problemi, come ci si poteva immaginare.
La dottoressa Pucci riesce prontamente a individuarne la causa: una malattia del sangue. Viene predisposta una trasfusione immediata. È il 1966 e siamo all’Ospedale Civico di Palermo – di certo non in una clinica svizzera – col caldo e con le mosche che ronzano sulla strumentazione già obsoleta per l’epoca. Tuttavia, la trasfusione viene effettuata con successo e il neonato sopravvive. È un maschio e porterà il nome del nonno, così racconta mia madre la nascita di suo cugino G********. Lei, invece, nascerà all’ospedale di Agrigento l’anno seguente, per sua e per mia fortuna senza complicazioni.
Chi era abituato alla malasanità avrà gridato al miracolo quando avrà visto gli zii di mia madre tornare a casa con il loro maschietto vivo e vegeto. È chiaro che non ci sia nessun intervento divino di mezzo, ma solo quello straordinariamente umano e straordinariamente eccezionale della dottoressa Elda Pucci. Una stra-ordinarietà che traspare dalla sua biografia, decisamente fuori dal comune per una donna siciliana di quei tempi.
Elda Pucci nasce a Trapani nel 1928. È molto brava a tennis, tanto da partecipare assieme alla sorella Evelina - futura scrittrice - ai campionati nazionali. Si laurea in medicina all'università di Palermo con specializzazione in clinica pediatrica. Pediatra, docente e primaria presso l'Ospedale dei bambini “Di Cristina” di Palermo, è stata la prima donna in assoluto in Italia a presiedere un Ordine provinciale dei medici, quello di Palermo. Tutto questo in un momento storico nel quale la discriminazione e l’ostracismo nei confronti del genere femminile erano un fatto culturale.
«A noi donne in ospedale non ci chiamavano dottoressa, ma signorina. Così, un giorno decidemmo di non rispondere. Fino a quando non cominciarono a riconoscerci come dottori».
Da “signorina” a Lady di ferro
I pregiudizi sono duri a morire anche di fronte a un’ineguagliabile competenza, riconosciuta dall’intera città a tutti i livelli: Elda Pucci cura i bambini di Palermo (e non solo) per quarant’anni. Beninteso: la pediatra si occupa di TUTTI i bambini di Palermo, dai figli della più nobile borghesia a quelli dei boss mafiosi, la sua profonda vocazione non ammette elitarismi. Elda è alta, slanciata e ben salda nei suoi principi, una personalità che non può passare inosservata. Infatti, dal suo studio di pediatra parte la svolta:
«Seguivo i figli di Giovanni Gioia, e il suo gruppo nell'80 mi chiese di candidarmi al Consiglio comunale. Ho avuto simpatie socialiste fino all'invasione dell'Ungheria. Poi, mi avvicinai ai cattolici democratici».
Fu l’inizio della sua carriera politica negli anni più bui della città di Palermo.
Era il 1982, al Comune dettava legge la corrente di Ciancimino e la mafia aveva appena ucciso il prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, l’ultimo di un elenco che vedeva già spuntati i nomi di Piersanti Mattarella, Emanuele Basile, Gaetano Costa, Pio La Torre e Rosario Di Salvo. Il partito vigente, Democrazia Cristiana aveva bisogno di una faccia pulita per poter nascondere la polvere sotto la poltrona su cui si erano seduti Salvo Lima e Vito Ciancimino. La DC schierò la Pucci alle elezioni del 1983 che vinse a grande maggioranza, diventando la prima sindaca di una grande città italiana.
«Mia madre mi avvertì: Elda non accettare perché tu non sei modificabile. Io stessa avevo la sensazione che volessero sfruttare la mia faccia per salvare il partito in difficoltà. Però, che vuole, io sono presuntosa: ero sicura che non sarei mai diventata uno strumento».
La presero letteralmente per pazza tutti quelli che, conoscendola, sapevano bene che lei si sarebbe opposta al sistema tradendo le aspettative dei pupari che l’avevano voluta lì e infatti fu sfiduciata dopo un solo anno. Dodici mesi di battaglia tra la Lady di Ferro e i discepoli di Don Vito.
A proposito dei suoi “illustri” predecessori, la professoressa dice solamente:
«Ciancimino l'ho incontrato una sola volta, ero già sindaco. Mi venne incontro e mi disse: ha paura di stringere la mano a un mafioso? Gli dissi: guardi che io non ho paura di un bel niente. Salvo Lima, invece, quando ero sindaco mi chiamò solo una volta, per raccomandarmi la mostra di un pittore».
Relazioni Pericolose
Perché Elda Pucci era pulita soprattutto nell’animo e si impuntò sulla questione più spinosa di tutte, ovvero l’utilizzo del denaro pubblico scoprendovi losche manipolazioni. La goccia che fece traboccare il vaso stracolmo di cemento armato fu l’appalto per manutenzioni.
«Avevo deciso di fare l'asta pubblica, ma cominciai a ricevere pressioni da tutte le parti per andare alla trattativa privata. Un giorno feci fare un'indagine di mercato e scoprii che i prezzi fissati negli anni precedenti erano dieci volte superiori a quelli correnti».
A quel punto, alla sede del comune di Palermo Palazzo delle Aquile, arriva una telefonata da Gioia:
«Mi chiese di dimettermi, dicendo che l'attività amministrativa si stava bloccando. Gli risposi che avrebbero dovuto sfiduciarmi. Qualche giorno dopo venne a trovarmi l'assessore socialdemocratico Giacomo Murana e mi propose di incontrare Ciancimino promettendomi che sarei rimasta sindaco. Risposi: "no, grazie"».
La sua carriera da sindaco finisce lì.
La DC la ricandidò al consiglio comunale nell’85, su convinzione dell’allora commissario del partito Sergio Mattarella. Nonostante la valanga di voti ricevuta, Democrazia Cristiana decide di mandare avanti il candidato sindaco Leoluca Orlando. Elda non si risparmiò nel commentare tutto ciò come «fatti angosciosi che descrivono il punto cui era giunto il degrado in Sicilia».
Piccolo dettaglio: la sera del 20 aprile di quell’anno, due cariche di esplosivo da 25 chili fecero saltare in aria la sua villa di Piana degli Albanesi, su ordine di Bernardo Brusca e Totò Riina. Il sindaco che la succedette, Giuseppe Insalaco (sempre DC), il cosidetto "sindaco dei cento giorni" fu freddato dalla mafia per aver denunciato i “perversi giochi” che lo avevano costretto a dimettersi.
«Ero a una cena, seduta accanto ad un magistrato il quale mi disse: "Ma lo sa professoressa che lei ha rischiato tanto? Un pentito ha raccontato che la mafia voleva ucciderla, poi hanno deciso di salvarla per i suoi meriti professionali". Io ho pensato a tutti i picciriddi che ho curato nella mia carriera».
Venne l’era Orlando e nel 1993, per l’ultima volta, la Pucci viene presentata alle elezioni dagli anti orlandiani, ma l’avversario stravinse.
«Io di Orlando non voglio parlare. Fu mio assessore e pensava solo alla sua immagine. La città è cambiata? Non me ne sono accorta».
Da allora, la dottoressa seguirà la politica palermitana da lontano. Nel 1992 subentra come deputato al Parlamento europeo e diviene membro della Commissione per i bilanci e della Delegazione per le relazioni con le Repubbliche di Jugoslavia fino al 1994. Elda Pucci muore nel 2005 a 77 anni, per le complicazioni di una malattia di origine reumatica della quale soffriva da tempo.
Ritratto di Signora
L’estraniazione dal mondo politico della sua città ha sempre pesato nel cuore di Elda che lo definisce «il fatto amaro della mia vita».
Elda Pucci soffre come donna e come politica per la scarsa presenza delle donne nelle istituzioni, un abisso dal quale fuoriescono mostruosità amorali e apolitiche. Ancor di più, la Pucci soffre come Elda che non è più al servizio della cosa pubblica, paradossalmente rea di aver tentato di imporre il rispetto delle regole, dei valori civili ed etici alla politica. La sua visione politica era troppo all’avanguardia e la sua presenza costituiva una mina vagante: «Lei è troppo intransigente, meglio di no, mi dicevano».
Pucci anticipa la necessità dell’internazionalizzazione, con mezzi moderni e informatici, della lotta al crimine e a tutte le mafie: infatti da parlamentare europea propose un sistema legislativo comunitario per la nascita di un corpo di polizia sovranazionale specializzato nella lotta al crimine organizzato.
Il 26 gennaio 1987 appare sul Corriere della Sera l’articolo Contro la mafia, in nome della legge autore Leonardo Sciascia che ricorda che «il Comune di Palermo si è costituito per la prima volta parte civile, in un processo di mafia, nell’ottobre del 1983, sindaco Elda Pucci».
Dal ritratto di Elda Pucci qui delineato emerge una donna che mise al di sopra di ogni cosa la sua libertà intellettuale per la quale ha sempre lottato, contro i pregiudizi di genere e contro la mafia, che a sua volta l’ha lasciata vivere perché, curando i loro figli - nonostante quel “loro” – ha dato una lezione di imprescindibile integrità morale difficile da dimenticare.
«Tra i bambini che seguivo c'era la figlia di Stefano Bontade. Quando nell'80 mi candidai al Consiglio comunale mi arrivò una telefonata. Era un tale che disse: "Sono un incaricato del signor Bontade, mi ha detto di essere pronto a votarla e farla votare dai suoi numerosi amici". Io risposi: dica al signor Bontade che accetterò il suo voto personale. Qualche tempo dopo, un mio collega mi spiegò esattamente chi fosse Bontade»
La vita di Elda Pucci è una storia di emancipazione dai grandi mali della società, quali il sessismo e la mafia, che la dottoressa ha combattuto con profondo impegno, valore e saggezza, dimostrando una lucida coerenza ideologica più unica che rara nelle persone, figurarsi nei politici. Il punto di vista di Elda è molto consapevole anche sul rapporto che intercorre tra civili e politici:
«Da persona che vive a Palermo assisto ad una scarsa capacità di dare il meglio da parte della classe politica; che però viene scelta dalla società civile più per interessi opportunistici, per motivi affaristici o privati che in base a forti valori condivisi»
A Elda Pucci, che è stata presidente nazionale del Soroptimist International dal 1987 al 1989, è andato il Premio “Coraggio” dell’ANDE (Associazione Nazionale Donne Elettrici) che viene conferito ad autorevoli testimoni femminili del nostro tempo, tra le quali Tullia Zevi e Danuta Walesa.
Perché l’ho fatta così lunga
Mi sono presa la libertà di dilungarmi nel raccontarvi di questa donna perché vorrei contrastare la damnatio memoriae a cui sembra essere stata finora condannata. Per questo motivo ho cercato di riportare, per quanto mi è stato possibile, le dinamiche dei fatti con i commenti della diretta interessata. A questo proposito cito qui tutte le (poche) fonti esistenti sul web e che meritano una lettura più approfondita:
Per quanto poche, ho trovato solo bellissime parole su Elda Pucci e sul suo operato, a partire, per assurdo, dalla mia vicenda familiare che nulla ha a che fare con la DC, con Vito Ciancimino e gli appalti truccati. Forse parlare di oblio è troppo catastrofico perchè il ricordo di Elda è molto forte in chi ha avuto la fortuna di conoscerla, ma non basta. Non basta che sia solo Sciascia a citarla in un articolo.
Non basta perché fortunatamente adesso si può parlare di mafia, se ne possono commemorare le vittime e ripetere i loro nomi ad Ave Maria per farli rivivere nel nostro ricordo. Non basta perché finalmente adesso si può parlare di discriminazione di genere, si può far giustizia alle donne del passato, riconoscendo l’importanza e il valore del contributo femminile alla società.
Il nome di Elda Pucci però, non compare da nessuna parte. La sua esperienza non riecheggia nella memoria della nuova generazione che da essa avrebbe molto da imparare. La dottoressa rappresenta un grande esempio di indipendenza e coraggio in contrasto alla presunzione e alla falsità di un sistema che voleva opprimerla in quanto donna e in quanto a favore della legalità.
Nei confronti di Elda Pucci, diciamolo chiaramente, continua ad attuarsi un duro ostracismo, poiché a 15 anni dalla sua morte a Palermo – che non era la sua città natale, ma per la quale ha rischiato la vita e nella quale ha salvato vite – non è intestata neanche una via che renda onore al suo impegno e al suo valore.
Il club Soroptimist di Palermo ha più volte presentato al comune la richiesta di dedicare una via alla Pucci, ancora senza successo. Nel 2018 è stato fatto appello all’attuale sindaco di Palermo, che altro non è che Leoluca Orlando – il quale, come abbiamo capito, Elda la conosceva eccome – da parte della pagina ufficiale Facebook di Elda Pucci. Un lungo post rimasto inascoltato e non condiviso, che metto qui.
Di nome e di fatto
L’intitolazione di una via è una sorta di consacrazione della persona ai posteri. Il suo nome entra nel linguaggio comune e si interiorizza nella coscienza e nella memoria collettiva, divenendo parte integrante dell’identità storica e culturale di quel luogo. Gli odonimi – questo è il termine tecnico dei nomi delle vie e delle piazze – sono strumenti che permettono di leggere e interpretare la realtà e la società che li ha visti nascere, da ciò ne consegue un significato e un potere enorme.
L’odonomastica è un esercizio di potere
Il nome di una via è un fatto identitario, e mai come adesso, la rivendicazione dell’identità è posta al centro delle nostre preoccupazioni filosofiche e politiche. Intitolare una via a Elda Pucci significherebbe recuperare un pezzo di Palermo, che fino a ora si è ignorato perché nei libri di storia entra solo ciò che si vuol far rientrare. Esistono vie che non rappresentano alcun nesso con la storia Palermo, mentre vi sono personaggi e vicende come questa qui raccontata che hanno avuto uno stretto legame con la città, ma che sono sconosciute ai più, in quanto coperti da una coltre di oblio.
Che si sappia che Palermo è stata la prima grande città italiana ad avere avuto un sindaco donna, un primato bellissimo per cui vantarsi, a mio parere. Che si sappia che è esistita una donna rispondente al nome Elda Pucci che ha lottato per un’amministrazione trasparente che mettesse al primo posto il bene dei cittadini. La mancata narrazione di una storia così importante significa negare ai cittadini di Palermo, soprattutto quelli giovani, la conoscenza di un’esemplare fonte di ispirazione molto vicina a loro, nel tempo e nello spazio.
Il significato profondo del nome è la salvezza dalla morte, non fisica, quanto quella ideale. In fondo, è da queste premesse che si radica la tradizione di chiamare i figli come i nonni. Dare il nome è un riconoscimento di ammirazione in cui risiede la speranza che attraverso quel bambino o quel luogo possa continuare la trasmissione dei valori incarnati da quella persona o da quella vicenda. La denominazione funge da antidoto alla morte ideale. Nel caso di Elda Pucci a morire sono le sua battaglie e le sue vittorie per la legalità e l’avanzamento della condizione femminile.
La damnatio memoriae non ha più senso di esistere nell’era dell’Internet e nella società della condivisione. Il caso ha voluto che a me fosse narrata la storia di Elda Pucci pediatra, e io, nei panni di una sottospecie di Omero digitale, mi sento in dovere di tramandare a mia volta le gesta di Elda Pucci donna, politica, persona.
Epilogo familiare
Nel 1973, la stessa coppia di agrigentini ritorna a Palermo nuovamente in dolce attesa. Stavolta è inverno, c’è freddo, ma non troppo. Rispetto alla scorsa volta, lo stato d’animo di marito e moglie è decisamente più sereno perché sanno di essere nelle mani della dottoressa Pucci. Il problema al sangue si ripresenta, attimi di panico, ma tutto si risolve per il meglio. L’entourage medico scrive un nuovo lieto fine. Per la gioia di tutta la famiglia si tratta di una femmina. I genitori non hanno dubbi su quale sarà il suo nome. Elda.
Immagine in copertina: illustrazione di Giuliana Romano
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