Immergersi nell’intricata opera letteraria e nella vita di Franz Kafka non è un compito semplice: una moltitudine di implicazioni di diverso carattere viene a galla una volta entrati nella contorta psicologia dello scrittore praghese. Molti si avvicinano alla lettura del grande scrittore di lingua tedesca con timore, quello di non riuscire a comprendere al meglio le grandi simbologie nascoste nei meandri di una scrittura geniale e di una personalità fuori dal comune. Per questo motivo bisogna portare alla luce un’inclinazione dell’autore ignota ai molti, quella che lo rende più umano, più vicino ai comuni mortali: la sua paura verso l’amore, verso un contatto fisico e reale con le donne. Kafka durante la propria breve vita si legò sentimentalmente a molte donne, tra queste bisogna ricordare le sue relazioni più durature con la tedesca Felice Bauer, una stenodattilografa di Berlino, e Milena Jesenská, una giovane e passionale traduttrice di Vienna. E’ il tormentato e lungo rapporto con Felice Bauer quello che permette di rintracciare in maniera più chiara e netta le caratteristiche di quelli che si possono definire “gli amori di carta” dello scrittore.
Il primo incontro con Felice Bauer avviene il 13 agosto 1912 a Praga, città dove Kafka è nato e vissuto. Si tratta di un breve incontro fortuito che cambierà profondamente le loro vite, portando la coppia ad intraprendere un rapporto puramente epistolare per cinque lunghi anni. Si tratterà di una relazione costellata da rarissimi incontri fisici, da due proposte di matrimonio, entrambe andate in fumo, e fiumi di lettere. Le premesse per la nascita di una relazione non si configurano certamente come le migliori: Felice risiede e lavora a Berlino, il ventinovenne Kafka lavora presso un istituto di assicurazioni contro gli infortuni di Praga. Ottocento chilometri, questa è la distanza che separa la coppia.
Kafka possiede, dunque, un solo mezzo per avvicinare, corteggiare e incatenare a sé Felice, il mezzo che gli è sempre stato più congeniale: la scrittura. Un intenso carteggio viene subito avviato dopo la partenza della donna da Praga. E’ un folle fiume di parole quello che si abbatte su Felice: il primo mese verranno spedite solamente due epistole alla donna, numerò che salirà ad otto durante il mese successivo, fino ad arrivare a quello che sarebbe stato il normale ritmo del carteggio, quando Kafka spedì quasi una lettera al giorno, con picchi di quattro lettere nella medesima giornata. Ciò che impressiona chi si avvicina alla lettura di questo intenso carteggio è la grandissima quantità di parole scritte ed inviate dal timido Kafka, che fino ad allora aveva abituato i lettori ad una forte riservatezza, sfociante spesso in vera e propria asocialità, e ad uno stile serrato e denso, quasi come se lo scrittore fosse avaro di parole. Nelle lettere spedite alla donna, al contrario, Kafka diventa inaspettatamente prolisso e sommerge Felice con fiumi di parole, con lettere lunghissime traboccanti di discorsi e minuzie di ogni tipo. Kafka aveva lavorato alla svelta, riuscendo a tenere “prigioniera” la donna tramite parole scritte a ottocento chilometri di distanza. Lo scrittore aveva utilizzato un corteggiamento calcolato nei minimi dettagli; egli era riuscito a tessere, epistola dopo epistola, una perfetta strategia di seduzione in cui la scrittura giocò il ruolo principe. Felice si lasciò trascinare dalla foga e dal torrente di parole che lo scrittore le dedicava. In lui dovevano probabilmente attrarlo quella dolcezza indifesa e la sua debolezza e presto scrisse anche lei una lettera al giorno, raccontandogli la sua vita in ufficio e le sue piccole storie berlinesi. Lettera dopo lettera tra i due si instaurò una relazione amorosa a distanza ed è proprio la lontananza l’unico luogo in cui resterà confinato questo tormentato rapporto .
Kafka, infatti, sembra non far nulla per rimediare alla lontananza che intercorre tra lui e Felice, anzi, sembra ricercarla sempre di più. Otto ore di viaggio separano Praga da Berlino, e solo rarissime volte lo scrittore troverà il coraggio di intraprendere il fatidico viaggio. Kafka teme di sostituire la realtà all’idolo che si era costruito, teme la presenza, consapevole di poter parlare e sommergere con parole la donna amata solamente attraverso la scrittura. Egli preferisce nettamente la confortante distanza epistolare e teme il difficile confronto fisico. Questo comportamento deriva dalla grande insicurezza dello scrittore, dagli strascichi di un rapporto familiare chiaramente poco sano, dalla consapevolezza della propria imperfezione fisica e dall’ineluttabile destino che egli stesso si era prefigurato. Il meccanismo diabolico del carteggio si rivela più lucidamente che mai e ogni lettera funzionerà da antidoto alla possibilità di incontrare realmente la donna al di fuori dello stretto perimetro della scrittura. Ogni lettera diventerà il protrarsi di quel crudele gioco di rimandi e che è caratteristico dell’intera opera letteraria kafkiana. Lo scrittore tenta, facendo ricorso ad ogni scusa, di far perdere di vista a poco a poco ciò che dovrebbe essere il reale scopo della lettera: l’incontro. Trascorreranno infatti mesi, precisamente sette, prima che abbia luogo a Berlino il secondo incontro della coppia, per poi giungere al terzo, estremamente breve e molto penoso. I rari incontri fisici con Felice, generalmente, non si configurano mai come delle occasioni costruttive, degne di nota, anzi, essi rappresentano per Kafka nient’altro che l’interruzione della corrispondenza.
Kafka usa la scrittura in maniera quasi diabolica e questi aspetti perversi non tardano ad uscire allo scoperto: le lettere dovrebbero rappresentare il corpo conduttore di un desiderio, del desiderio di un ricongiungimento fisico, ma Felice sarà destinata ad “incontrare” lo scrittore solamente nelle lettere. Tutte le tappe più importanti di un tipico rapporto sentimentale come le confidenze, l’intimità nascente, le successive timide dichiarazioni affettuose e, infine, il fidanzamento avvengono solamente all’interno dello spazio circoscritto ed estremamente limitato della parola scritta. Tutto viene fatto per corrispondenza ed è esclusivamente lì, nella posta, che i due amanti si ricongiungono. Le lettere, le quali normalmente dovrebbero rappresentare un supplemento, un’aggiunta benefica alla presenza reale, qui, tuttavia, costituiscono l’unico contatto possibile tra la coppia. Felice è fin da subito trascinata, quasi costretta ad essere strappata da se stessa, dalla sua semplice vita quotidiana, affinché sostenga un legame che sfida il reale, un legame che non si basa su niente altro che la forza di avvicinamento ed incatenamento che Kafka attribuisce alla scrittura e alle sue lettere.
Un’unica, intensa, irrefrenabile volontà di sottrazione alla prosa del mondo caratterizza Franz Kafka e da ciò ne deriva il diabolico bisogno di mantenere Felice Bauer rigorosamente a debita distanza. Si tratta di un estremo e risolutivo desiderio di solitudine, quasi di un’imprescindibile necessità e, per certi versi, di una condanna, che viene portata avanti tramite complesse e sfaccettate motivazioni e compiuta attraverso molteplici strategie che non fanno altro che creare una spietata esclusione della donna. Trovandosi in palese conflitto con la propria scelta dedita alla solitudine al fine di proteggere la propria singolarità e la propria complessa opera letteraria, Kafka, avverte, comunque, l’esigenza profonda di una condivisione del proprio universo interiore, ma solamente mediante una presenza, non troppo invadente, di una donna che gli appaia come la destinataria delle proprie avventure esistenziali. Le lettere inviate a Felice Bauer rappresentano, sotto quest’ottica, delle lettere d’amore di cui Kafka ha bisogno, ma teme anche, contemporaneamente, di venire annullato ed imprigionato da questo amore. L’amore, come forza vitale, che egli necessita, viene disperatamente invocato, ma solamente da lontano, a distanza, per scongiurare di rimanere invischiato nella vicinanza fisica di Felice. Nelle lettere, Kafka, vigila tirannicamente sulla vita della donna. Ne invoca l’affetto, l’aiuto e la comprensione, a causa della propria incapacità di contraccambiare l’amore onestamente. Più di ogni altra cosa, teme che l’annullamento delle distanze fisiche possa travolgerlo nella propria debolezza. Solamente la tiepida distanza rappresenta per lo scrittore il giusto compromesso per portare avanti la relazione con Felice Bauer, poiché nulla appare meno insostenibile per Kafka che la reale ed ingombrante presenza dell’altro.
Appare quasi superfluo ricordare che la relazione sentimentale tra Felice Bauer e Franz Kafka terminò nel 1917, anno in cui gli venne diagnosticata la tubercolosi. Lo scrittore allontanò per sempre la donna dalla propria vita usando la scusa della malattia. Dopo la rottura del fidanzamento, Felice sposerà nel 1919 un uomo d’affari di Berlino. Nel 1931 a causa delle gravi persecuzioni razziali, Felice si trasferì con la famiglia in Svizzera e nel 1936 negli Stati Uniti, dove morirà il 15 ottobre 1960, precisamente 36 anni dopo la morte di Franz Kafka.
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