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Diaz Vs Masvidal: scontro tra gli ultimi gangster

Ormai quasi due anni fa, la UFC organizzò un match epico in cui si scontrarono due dei combattenti più conosciuti per la loro durezza ed irriverenza dentro e fuori dal ring. Per loro addirittura venne creata una inedita cintura ad hoc da consegnare al vincitore, intitolata BMF (Baddest MatherFucker).

Era il 17 agosto 2019, Nathan Diaz, 34 anni, nato a Stockton, in California, tornava a combattere dopo ben tre anni di inattività, seppure dopo aver disputato delle spettacolari performance a cavallo tra il 2015 ed il 2016, facendo fuori Michael Johnson per decisione unanime, e togliendo l’imbattibilità a Conor Mc Gregor, uno dei fighter più forti di sempre, conosciuto dal mondo intero, e su cui ogni descrizione sarebbe superflua.

A dividere l’ottagono con lui, sta volta, c’era Anthony Pettis, un discreto kickboxer che stava provando a fare il salto in alto della sua carriera, dopo aver messo a nanna – con un meraviglioso gancio saltato – Stephen Thomson, non uno qualunque.

Quello tra Diaz e Pettis era un match che serviva ad entrambi per potere tornare con prepotenza tra i contendenti del titolo dei welter (categoria di peso compresa tra i leggeri e i medi).

Diaz attacca sin da subito, Pettis si chiude e contrattacca prontamente: sarà la storia del match, con i suoi alti e bassi. Pettis con l’andare del minuti inizierà a stancarsi, diventando succube della pressione di Diaz che sembra avere il triplo del fiato. Scoccata la campana finale, i giudici danno la vittoria al nativo di Stockton per decisione unanime.

"Non ci sono gangster in questo gioco, sono fuori da tempo perché non ho nessuno con cui combattere" esclama ai microfoni, poi aggiunge: "Jorge Masvidal ha fatto bene nel suo ultimo incontro, non è rimasto nessun altro gangster oltre me e lui".

Masvidal contro Diaz, e così sia.

Chi è Jorge Masvidal?

Il rinominato “Street Jesus”, 35 anni, 1.80 per 80 kg, baricentro basso e due tronchi al posto delle gambe, deve ciò che è ai suoi plurimi combattimenti in strada, nella stessa combriccola di Kimbo Slice. Conosciuto per il suo carattere parecchio irriverente affiancato all’esplosività dei suoi pugni, che “battezzavano” gli avversari mettendoli a dormire, da qui l’epiteto di Gesù; e questa dirompenza di Masvidal è continuata anche negli incontri professionali, arrivando a scioccare il mondo degli sport da combattimento con la famosissima ginocchiata volante ai danni di Ben Askren, ad appena 2 secondi dall’inizio del match, che detiene il record di ko più rapido nella storia della UFC. Ed il bello è che lo Street Jesus lo aveva pure detto: "Vi farò vedere cosa succede se incontro qualcuno che mi sta realmente sul c***o".

Di contro, Nate Diaz, benché di base abbia un fisico esile e longilineo, è quel che è per le sue doti – assolutamente straordinarie – oltre che per una resistenza ai colpi mai vista in un fighter (eccetto per Nick Diaz, che non a caso è suo fratello) accompagnata da un cardio eccellente, anche per la sua sfrontatezza e forza d’animo che spesso gli permettono di sottomettere psicologicamente il nemico nell’ottagono (anche quando quest’ultimo sia predominante fisicamente e nei fatti): non potremmo mai dimenticare quando, vittima di un ferocissimo ground and pound da parte di Dos Anjos che gli aveva reso la faccia un lago di sangue, rispondeva con degli “schiaffoni” provocatori, invitandolo a picchiare più forte, e non curandosi minimamente dei danni che stava subendo. Insomma, un tipo tosto, Nate Diaz. Premesse, quindi, che preannunciavano una serata leggendaria. Ed infatti questi due signori si sono affrontati nell’arena più famosa al mondo, il Madison Square Garden di New York, che ha ospitato combattenti come Muhammad Alì e Mike Tyson.

Record di incassi, Donald Trump col figlio al bordo del ring: insomma, una serata di puro spettacolo per gli sport da combattimento.

L’inizio è da brividi: Masvidal prende la stessa rincorsa che prese contro Askren per la ginocchiata volante, Diaz si sposta, Masvidal si ferma e ride, Diaz gli dice di ritentare. Ci siamo.

A quel punto è Diaz, colpito nell’orgoglio, che prende l’iniziativa con le sue lunghe leve, i due si scambiano qualche colpo, poi si abbracciano a parete. Si vede subito la forza bruta di Masvidal: prima neutralizza Diaz con la sua morsa, poi lo stacca e lo colpisce ferocemente con gomitate e pugni, ai quali Diaz cerca di sottrarsi chinandosi, e così beccandosi – grazie al cinismo spietato del suo avversario – un calcio alla testa che gli squarcia, letteralmente, l’arcata sopraccigliare, facendolo capitolare a terra.

Diaz è stato atterrato, il pubblico vola in piedi, l’arbitro accorcia le distanze verso i fighters perché il k.o sembra imminente.

Invece no.

Diaz è lucido: è a terra, ha un orribile squarcio sopra l’occhio (uno dei tagli peggiori al volto nella storia dell’UFC) e uno zigomo aperto, ma è lucido e segue con gli occhi i movimenti di Masvidal per scongiurare il rischio di un fatale ground and pound, respingendo il nemico con le gambe, e insultandolo a più non posso. Passano due minuti su questa scia, finché Masvidal – neutralizzato – ci rinuncia, un po’ come il predatore che lascia la sua preda.

La maggior parte del proseguo del match saranno botte da orbi, con un predominio fisico costante di Masvidal su Diaz, il quale spesso per limitare i danni è dovuto ricorrere al suo solito espediente, il brasilian jiujitsu in fase difensiva, mettendosi a terra e invitando Masvidal a entrare, ma il quale, a sua volta, non è mai caduto in tentazione.

Al terzo round, il motore diesel di Diaz inizia a farsi notare. L’uomo di Stockton continua a spingere, come se il suo corpo non sentisse le botte rimediate, come se non sembrasse reduce da un pestaggio di 10 persone.

Di contro, Masvidal, forse per stanchezza, forse per lungimiranza, abbassa il ritmo, limitandosi a “contenere” l’avversario, riservandosi di sferrargli botte tremende solo quando questo lasciava spazi.

La “fine” del match sarà emblematica: i due sono di nuovo a terra, con Masvidal in posizione dominante che però cerca di rifiatare, e Diaz da sotto che lo infastidisce con pugni nel capo e frecciatine: “Che ti succede?”, Masvidal risponde mandando un bacio a Diaz e sferrandogli una catena di colpi violentissimi, seppur parati.


Scocca la campana.

Mancano due round, due round di un match il cui abbrivio sembra volerlo candidare a scrivere la storia.

Ma quando starà per iniziare il quarto round, ecco che entrerà il medico a decretare forzatamente la fine dopo aver visto (con 2 round di ritardo) lo squarcio nell’occhio di Diaz.

Possiamo ritenerci soddisfatti?

La risposta è “ni”, perché è vero che Masvidal è stato dominante, ma è vero anche che Diaz aveva dimostrato di aver superato la tempesta, mostrando ancora una volta le sue eccellenti doti di cardio, e riuscendo quasi a portare Masvidal in un terreno non a lui alleato, quello della stanchezza. Quasi, perché l’intervento del medico ci ha impedito di saperlo.

Avrebbe senso un rematch?

Sì, perché Diaz le rivincite le ha sempre date, anche quando l’avversario era terribilmente ostico (v. Mc Gregor vs Diaz 2).

Sì, perché uno scontro del genere non deve a priori finire per uno stop medico.

Ed infine ancora sì, perché un BMF non è solo forza, ma anche resistenza, carattere, grinta, capacità i cui valori assoluti difficilmente traspaiono in 3 round, e di fatti non è un caso se i main events siano da 5 riprese.

Oltre a ciò, questo è l’unico match sensato per Diaz in questo momento, visto che non vuole scendere nei light e considerato oltretutto che non avrebbe neanche senso inserirlo in un match ai piani alti: non ci sarebbero contendenti disponibili vista la ovvia tendenza alla scalata diretta al titolo, e Diaz, benché atleta colmo di visibilità, non rappresenterebbe per questi la lotta adeguata in tale ottica. Un discorso diverso, ma tuttavia analogo nel risultato, può farsi per Masvidal i cui match con Kamaru Usman o Colby Covington, poste le ultime news, sembrano allontanarsi.

A cura di Vittorio Arnone.

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