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Immagine del redattoreRosario Mendola

DI TUTTA L'ERBA UN FASCISTA

Oramai è troppo tardi. Torna senza dichiarazioni di guerra consegnate agli ambasciatori di Gran Bretagna e Francia, con camicie di vari colori, con passi non accomunabili a volatili alcuni e apparendo come quello che non è. Signori, Dopo quasi un secolo ci ritroviamo nuovamente ad affrontare il Fascismo. Ma di quali fascisti si sta parlando ? Dai fascisti che oggi guidano il proprio partito in maniera personale, ai ministri che si permettono di criticare con forza alcune misure economiche europee, a chi vuole mettere la parola fine alla democrazia rappresentativa, a chi chiede pieni poteri bussando da un campanello di un probabile spacciatore all’altro, a chi vuole la Francia sovrana, e a chi fa le campagne elettorali austriache con la pistola in tasca. Fascisti! sovranisti, autoritari, razzisti, maschilisti, pompati, violenti. Nuovi DVX: Orban, Erdogan, Trump, Bolsonaro. Poi però alla fine sembra che di fascismo vero non ce ne sia mai. Forse si sta enfatizzando una presenza fascista che in realtà è morta nel '45 o che, al massimo, probabilmente è stata molto più forte nel passato della storia repubblicana che oggi. Esclusa la contrapposizione degli anni di piombo tra terrorismo rosso e terrorismo nero, pensiamo al crollo della democrazia cristiana e a Roma nel 1993, quando per quelle amministrative un elettore su tre votò per il movimento sociale italiano, dimostrando che una forma di nostalgia c’era prima e in tempi molto più sospetti. È curioso che si parli nel 2020 di nostalgia fascista in un Paese in cui è nato il più forte partito che si ispirava al PFI, il Movimento Sociale Italiano di Giorgio Almirante, che ha sfiorato il 10% nel 1972, che era presente in parlamento e ha partecipato all’elezione di un paio di Presidente della Repubblica, che secondo il dodicesimo articolo delle disposizioni transitorie e finali della costituzione (legge Scelba), avrebbe dovuto essere sciolto per chiara apologia fascista, ma che ha contribuito alla formazione di governi nazionali e ha fatto parte di governi locali.

Fatto curioso è che nel 1992 presentarono come candidato di bandiera Paolo Borsellino. Tutto ciò a dimostrare che le adesioni prima erano tante e anche di un certo spessore. Probabilmente perché c’era l’idea che al regime repubblicano definito da molti come regime partitocratico, un movimento che rimaneva “pulito” e distante dalla partitocrazia, in grado di mantenere alta, o così far credere, la virtù dello stato, che sosteneva l’ordine, primato dello stato stesso e lavoro nel concetto del corporativismo, poteva rappresentare una giusta via di mezzo fra una partitocrazia come la democrazia cristiana ed il partito comunista italiano considerato antipatriottico. Ma come si suol dire “altri tempi”. Alla fine ci pensò Fini a chiudere col fascismo dichiarandolo male assoluto e con la “Svolta di Fiuggi” creare un nuovo partito, più moderato e quindi adatto a governare: “Alleanza nazionale“.  Ritornando al presente e a questo continuo cercare di trovare il cameratismo nei partiti odierni, come si poteva concepire da un punto di vista fascista - il partito patriottico per eccellenza - la Lega veneta antistatalista e antiromana? Come si può concepire il Movimento Cinque Stelle che in alcune regioni del sud ha fatto votare una giornata per le vittime dell’unità nazionale. Si parla ovviamente delle vittime di coloro che hanno ucciso per l’unità d'Italia. Non sarebbe forse più cauto e produttivo se ci si concentrasse sul motivo per cui questi valori considerati antitetici, contrari, opposti a quelli democratici tornino in auge? Il rischio di un ritorno al fascismo non esiste ma a furia di vedere fascisti ovunque si sposta l’attenzione dai veri pericoli che minacciano la democrazia e che con Mussolini hanno poco a che fare.

Anche Giorgio Amendola, uno dei capi della resistenza, dichiarò apertamente che ci si stava abituando troppo ad abusare di tale termine. Tutto quello che è di destra, reazionario, conservatore o autoritario viene etichettato come fascista. “Bisogna abituare i giovani all’arte della distinzione”. Era il 1976. E per quanto riguarda l’ondata di razzismo che starebbe per impossessarsi dell’Europa? Di Salvini e del suo decreto? Lo storico Emilio Gentile, fra i più illustri fascistologi in Europa, ricorda che "razzismo e xenofobia non sono caratteri identitari del fascismo". Sono fenomeni che hanno preceduto questo movimento e che, tra le altre cose, non sono neanche tanto estranei alla democrazia. Per trovare un periodo storico in cui il concetto di razzismo era pressoché estraneo dovremmo risalire all’impero romano e in generale a tutta la storia di Roma fino alla nascita degli stati moderni.

E il rapporto di questi presunti neofascisti con la democrazia? Considerando che questi odierni gruppi di destra, o in generale considerato che neofascisti aspirino ad entrare in Parlamento tramite votazioni e non marciando su Roma e molti di essi si richiamino ad alcuni valori del fascismo lasciando accantonati il culto del capo, del primato dello stato e del partito unico, dovremmo dire che dove c’è la personalizzazione della politica c’è fascismo. Chi non conosce la camerata francese “Emmanuel Macron”?

Forse vengono oggi a mancare i requisiti su cui la Repubblica si era costruita? Ovvero il dialogo costruttivo fra destra e sinistra ma più in generale fra parti. Usando il termine fascismo in maniera così elastica, disinvolta e inflazionistica si rischia di creare un filo nero che va da Trump fino a Erdogan passando per tutta l’Europa con uno sguardo verso Putin. E se consideriamo la vocazione bellica del fascismo e il culto del presidente supremo, la Corea del Nord si dovrà includere fra i regimi fascisti e la Cina non può essere esclusa. Ci troviamo all’inizio del XXI secolo avendo davanti tutto il mondo con una pandemia Policefala, il coronavirus che non fa distinzione di classi è la testa sinistra e il fascismo quella di destra ovviamente.

Questo non aiuta a capire. Tutto ciò spiega che probabilmente si è trasformato il movimento che fece dello stato italiano (negli anni venti del novecento fino al 1943) uno Stato autoritario, in un alibi per coprire i problemi della democrazia dati anche dall’incapacità della classe politica odierna di rendere attiva la partecipazione civile alla vita politica. Si sta cercando così di ingigantire il nemico, che non esiste, per non affrontare i problemi reali. La democrazia viene costantemente meno a destare ad un numero di persone sempre più alto, l’idea di sicurezza e libertà per cui è nata. E se fosse un problema legato ad uno svuotamento della democrazia intesa come metodo? Alla luce di quanto detto in seguito è opportuno indagare come incida la partecipazione nel definire la qualità democratica. Il concetto di democrazia è sfaccettato, ma dal punto di vista formale esiste un certo accordo nel dire cosa è e cosa non è democratico. Oggi probabilmente basta ottenere un numero alto di persone che esercitino il diritto di voto durante le chiamate alle urne per credere che la Repubblica stia in salute trascurando qualcosa di più profondo e che dovrebbe essere radicato: “L’accountability”, ovvero il concetto di responsabilità, non nella sua moderna accezione che riguarda il rendicontare dell'uso delle risorse pubbliche da parte degli amministratori, ma una partecipazione politica responsabile da parte di tutto il corpo elettorale e che vada oltre il mero esercizio del voto.

Attraverso la partecipazione e la responsabilizzazione del tessuto sociale, che si interessi realmente e puntualmente al bene dello Stato, al bene della comunità, si può arrivare a migliorare la classe politica e quindi il rapporto di fiducia tra governanti e governati. La cultura all’interesse del bene comune renderebbe probabilmente più efficace la tutela degli Stati democratici da tutto ciò che oggi viene giudicato inopportuno, violento, razzista e che viene accomunato col fascismo per mancanza di argomenti. Magari non sarà nulla di tutto ciò e ci ritroveremo costretti a dar ragione a Polibio e alla sua teoria dell’anaciclosi, in cui lo storico greco teorizzò che quando il monarca diventa tiranno, gli aristocratici lo debellano, e quando questi degenerano in oligarchi, il nemico per antonomasia delle “elites”, il popolo, prende il potere instaurando una democrazia che a sua volta diventerà oclocrazia e si rivorrà un solo uomo al potere. Il sonno della ragione genera mostri, e non importa se questi mostri si assomigliano e se decidiamo di chiamarli con lo stesso nome o con nomi diversi; per non rischiare è sempre meglio ragionare.

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