A fine Ottocento si piangeva la morte di Dio, agli inizi del Duemila si può prendere in considerazione quella dell’uomo. Siamo nell’era del post-umano e dell'esistenzialismo cibernetico.
Il corpo dell’uomo contemporaneo ha ormai superato i suoi confini organici, divenuto il campo d'indagine prediletto delle più avanzate sperimentazioni scientifiche e artistiche. Ridisegnato dall'ingegneria genetica e simulato dalla manipolazione digitale, il corpo umano è inquadrato in un futuro, quanto mai presente, che ha già un nome ben preciso: Postumanesimo.
«L'era moderna potrebbe essere definita come il periodo della scoperta dell'Io. L'era postmoderna nella quale viviamo può essere intesa come un periodo transitorio di disintegrazione dell'Io. Forse l'era postumana che comincia a intravedersi all'orizzonte sarà caratterizzata dalla ricostituzione dell'Io» (Jeffrey Deitch)
Postumanesimo
Il termine Post-Human viene coniato nel 1992 dal gallerista-critico americano Jeffrey Deitch in occasione di una mostra che affrontava Il tema della corporeità e l’ideale del corpo nel suo slittamento dal reale alla sua manipolazione.
Il Postumanesimo non si riferisce solo alle arti visive, ma si tratta di una vera e propria filosofia, un nuovo modo di leggere il mondo alla luce della fine dell'umanesimo, fino a mettere in discussione i fondamenti della nostra stessa esistenza.
Robot vs Michelangelo
Questa nuova visione mutata del mondo è esposta nel suo testo programmatico The Posthuman Manifesto estratto da Lo Stato Di Posthuman: La coscienza oltre il cervello (1995) di Robert Pepperell, un'indagine "estrema" sulle cognizioni tradizionali dello stato umano: la filosofia, la coscienza, l'estetica.
La filosofia postumana si contrappone all’Umanesimo mettendo in evidenza i limiti dell’intelletto umano e appianando la netta e insindacabile (fino ad adesso) differenza tra gli uomini e il resto della materia del mondo.
Secondo Pepperell la condizione postumana potrà verificarsi solo quando si riuscirà a vincere la “sfida” posta dagli Umanisti, per i quali l’arte, massima espressione dell’ingegno umano coniugata al senso del bello, era un dominio esclusivo dell’uomo. Non di certo trasferibile alla macchina, fredda e senza vita.
Definire cosa sia l'arte, è un'impresa ardua e complessa da qualsiasi punto di vista la si affronta, e di certo è impossibile farlo in questo brevissimo testo. Certa è la sua prerogativa essenziale: la creatività, funzione cognitiva che permette di collegare le esperienze vissute e sintetizzarle in nuove cose. Quindi? Se la creatività è fondamentalmente un'attività combinatoria, il processo creativo del cervello umano non è tanto diverso dalla logica-combinatoria su cui si basa il funzionamento dei computer.
Nel suo impegno a smantellare l'ideologia umanista, la riflessione postumana non si limita a superare il dualismo cartesiano di mente/corpo, concentrandosi sul fatto che pensiero e materia sono elementi indivisibili, ma si spinge ben oltre. Essendo la coscienza integrata al corpo fisico - quindi alla materia - si potrebbe teorizzare che anche le macchine possano raggiungere uno stato di coscienza fornendo loro le giuste condizioni.
Fondamentale per il discorso sul post-umano è lo studio di Katherine Hayles, professoressa e direttrice del corso di Letteratura presso la Duke University, nel North Carolina. Nel suo How we became Post Human, la Hayles, precisa che queste concezioni cibernetiche e tecno-ottimistiche non escono dalla dualità corpo-mente della tradizione razionalistica occidentale, la ripropongono, invece, come “trascendenza tecnologica”. La studiosa individua quindi una diversa chiave di lettura del post-umano e fa notare come questo non indichi la fine dell’umano, bensì la fine del soggetto umanistico liberale, dell’uomo per come lo intendiamo oggi.
Possibile o non possibile?
Dall’altro canto, non sono pochi i sociologi che, basandosi sul fatto che nel passato molte previsioni riguardo lo sviluppo tecnologico si sono rilevate errate, considerano le ambizioni professate dai post-umanisti come esagerate. Modificare l’essere umano comporta altrettanti rischi che benefici, e quindi occorrerebbe prestare molta attenzione. Bill Joy, uno degli informatici più importanti della storia e futurologo, ritiene che l’uomo rischia seriamente l’estinzione a causa delle mutazioni transumanistiche.
«Il perseguimento scientifico della verità dev'essere temperato da considerazioni sul costo umano del progresso.» (Bill Joy)
L'alterazione della realtà, tra arte, scienza e tecnologia è esaltante, ma le sue de-formazioni rischiano la perdita del senso naturale delle cose. Di poco conto e prevedibile, invece, la reazione di alcuni conservatori e clericalismi di bollare come immorale qualsiasi tentativo dell’uomo di alterare la propria natura.
Amleto cibernetico
La riflessione sul Postumano, in realtà, non ha la portata fantascientifica e futuristica che può dare all'apparenza. Semmai, essa è la spontanea evoluzione degli interrogativi esistenziali che l'uomo si pone fin dalla notte dei tempi. Il porsi dilemmi esistenziali è, invece, proprio roba da umani.
Alla luce della rivoluzione digitale e dal repentino avanzamento tecnologico, le possibilità di immaginare il futuro passano dall'essere vagheggiamenti a divenire fatti concreti. Forse la peculiarità - eccitante o inquietante, a seconda del punto di vista - del Postumanesimo risiede proprio nella consapevolezza che oggi il confine tra fantascienza e realtà è sempre più labile. Per quanto strambe possano apparire le ipotesi postumane, la storia del progresso umano dimostra che c'è sempre un fondo di verità nel pazzo che grida in strada che Dio è morto.
Gli artisti, più di tutti, sono proiettati nel futuro che immaginano/sperano/temono: da Jules Verne a Neil Harbisson, l'elenco delle "predizioni" formulate da romanzi, film e opere d'arte sarebbe troppo lungo da fare.
L'arte, in tutte le sue manifestazioni, è la palla di vetro che possiamo interpretare per intuire il corso delle cose.
Il nostro modo di vivere è già stato stravolto e ora sembra toccare al nostro stesso corpo fisico, ai nostri sensi e al nostro “significato biologico”.
Cambieremo. Senza punto interrogativo.
Immagine in copertina: M.Barney, "Cremaster 5", 1997
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